sabato 21 aprile 2007

Roger Dean

Quando il fantastico incontra l'arte e la musica


Il nome Roger Dean dirà forse poco agli appassionati di arte, ma dovrebbe dire molto (almeno in teoria) agli appassionati di un certo tipo di rock.
La musica complessa, intellettuale, ridondante e spesso epica che dettava le mode e le regole agli albori degli anni ’70 (oggi si chiama progressive) si accompagnava perfettamente all’arte metaforica e fantastica di artisti come Paul Whitehead (illustratore delle copertine dei Genesis), Hypnosis (studio grafico autore delle cover dei Pink Floyd) e, soprattutto, di Roger Dean che ha legato il suo nome (e il suo successo) in particolare a quello degli Yes.
Nell’arte di Dean, così come nella musica rock progressive, si coglie facilmente l’incontro tra passato remoto e futuro e la convivenza (spesso anche antitesi) tra tradizione e avanguardia.
Molti gruppi, infatti, conciliavano suoni e strumenti di origine atavica a forme di sperimentazione estreme che trovavano nell’elettronica una fonte quasi inesauribile di scoperte. Non a caso il rock-prog pescava a piene mani sia dalla musica classica che dal jazz più moderno.
I colori, i personaggi e le forme immaginarie che popolavano le copertine di quei dischi erano quindi la rappresentazione di universi fantastici proiettati dalla musica. Una musica che il tempo ha dimostrato essere utopistica e che, come nel fantasy e nella fantascienza, raccontava di mondi definibili come “terre del sogno”.
Roger Dean incarna perfettamente questo sogno: le sue immagini si distinguono per una grande armonia, un senso di pace e serenità e un carattere prettamente fiabesco.
Il suo stile, fatto di immagini crepuscolari e colori tenui incarna una ricerca di contenuti che si ripropone in ogni sua opera conferendogli un vero e proprio marchio di fabbrica (annotazione che gli è valsa anche qualche critica) e che spesso non ha neppure un rapporto profondo e radicato con il contenuto del disco anche se ne riesce sempre a catturarne l’essenza.
Dean è inglese, classe 1944, e figlio di un militare; il lavoro del padre lo ha costretto a vivere per gran parte della sua infanzia e della sua adolescenza in giro per il mondo, portandolo a conoscere ambienti variegati e paesaggi esotici che hanno, probabilmente, condizionato la sua immaginazione e la sua visione dell’arte.
Tornato in patria, si diplomò come designer alla Canterbury School of Art, mentre nel 1968 si laureò presso il Royal College of Art di Londra.
Proprio in quegli anni iniziò a lavorare nel settore discografico realizzando la copertina dell’album di un gruppo chiamato Gun e, poco dopo, quella per gli africani Osibisa. Fu proprio quest’ultimo lavoro ad attrarre l’attenzione dei già popolari Yes che lo vollero per la rappresentazione grafica di quello che sarebbe diventato il loro primo capolavoro: Fragile.
Siamo nel 1972 e quest’opera, che a tutt’oggi rimane una delle più belle e complesse della sua produzione, mostra una sorta di globo terrestre ricco di acqua e vegetazione (due elementi ricorrenti nelle sue realizzazioni tanto da farlo affiancare ai nascenti movimenti new age) sorvolato da un oggetto volante antico e, al contempo, post-moderno che ricorda molto da vicino un’invenzione di Leonardo Da Vinci; forse un accenno alla sperimentazione e all’invenzione che gli stessi Yes stavano tentando con la loro musica.
Da lì in avanti Dean diventerà quasi un membro aggiunto del gruppo curando la quasi totalità delle copertine degli Yes, inventando il bellissimo e celebre logo e coreografando moltissimi loro concerti. Il mondo della musica progressive deve però molto all’artista inglese che tra le sue collaborazione ha annoverato, nel tempo, anche quella di molti altri gruppi di rilievo tra cui Uriah Heep, Gentle Giant (come non ricordare la spettacolare piovra dell’album “Octopus”) e Asia.
Personalmente, uno dei lavori che maggiormente apprezzo è la copertina interna dell’album manifesto (degli Yes, ma anche del rock anni ’70, oltre che di quel periodo storico) “Close to the edge”, che si contrappone alla disarmante semplicità di quella esterna, quasi a voler sottolineare che l’aspetto più importante di quel disco risiede al suo interno: la musica, appunto. Close to the edge è un paesaggio paradossale dove l’acqua di una cascata precipita in tutte le direzioni e dove le rocce “galleggiano” sospese per aria.
A testimonianza della completezza e della preparazione di questo artista bisogna ricordare come si cimenti in tecniche diverse contemplando l’uso dell’acquarello, della china, del carboncino, del collage e come si sia distinto anche nella realizzazione di progetti di architettura di interni ed esterni dove si riscontra la stessa armonia e anarchia di forme dei suoi dipinti.
Per ammirare i suoi lavori si consiglia di recuperare i volumi Views, del 1975, e Magnetic Storm, del 1984, oppure fare una visita al suo sito internet www.rogerdean.com
Buon viaggio a tutti.

Davide Battaglia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Aspetto quindi il tuo approfondimento su Paul Whitehead, perchè solo un viaggiatore intestellare può esplorare i meandri della mente della bambinaia assassina che gioca a cicket con la testa del povero Harry....

Harold the Barrel

Overdrive ha detto...

Paul Whitehead sarà il prossimo!
Promesso!
:)