sabato 8 marzo 2008

Pink Floyd, live at Pompeii

Echi di un passato sepolto

È un timore reverenziale quello che scaturisce dalla visione del profilo del Vesuvio, determinato dalla consapevolezza che il “vulcano degli dei” non ancora domato, è chiuso da un tappo di rocce, ceneri e polveri che si sono accumulate dal 1944, data della sua ultima eruzione, a oggi.
Il Vesuvio è prima di ogni altra cosa un simbolo che rappresenta l’anima di questo luogo intriso di misteri iniziatici legati alla morte e alla rinascita, e che parla attraverso le genti e gli avvenimenti.
Attorno ad esso nacquero e si diffusero i culti di Dioniso e di Cibale, la dea col tamburo, prima, e delle Madonne, dopo. Una terra popolata da miti e leggende, densa di storia e cultura, che trova la sua testimonianza più importante nei resti della città di Pompei. Qui il tempo si è fermato quasi 2000 anni fa, nell’istante in cui il Vesuvio ha scatenato la sua più violenta eruzione, immobilizzando ogni cosa, animata e non, si trovasse sulla traiettoria della sua indomabile furia.
Tra le rovine di palazzi e ville, strette strade lastricate di basalto, affreschi e mosaici, e osservando i calchi dei corpi degli sfortunati abitanti, si respira un’atmosfera surreale e quasi ultraterrena.
La particolarità e il fascino mistico di questo sito hanno senza dubbio contribuito al successo di una delle operazioni musicali (e cinematografiche) più riuscite nella storia della musica leggera. Agli albori degli anni Settanta, quattro ragazzi londinesi rispondenti al nome di Pink Floyd ricevettero l'offerta di girare un film-concerto, pratica abbastanza consueta, in quel periodo, per un gruppo di successo mondiale. Ma la musica dei Floyd era quanto di più anticonvenzionale esistesse all’epoca nel panorama del rock e, in accordo con il regista Adrian Maben, fecero una scelta all’altezza della loro fama sia per quanto concerneva la location, sia per quello che riguardava l’esecuzione.
Il film, Pink Floyd, Live at Pompeii, registrato nell’anfiteatro della città-museo resta ancora oggi un passaggio memorabile (e unico) della storia del rock. Realizzato nell'era dei concerti megalitici con migliaia di spettatori, ha invece la peculiarità di essere eseguito in uno spazio vuoto, senza pubblico, se non quello delle silenziose opere architettoniche pompeiane, per poter raggiungere la massima purezza di suono consentita.
La musica sublime dei Pink Floyd, l’avveniristica regia di Maben e la magica bellezza del luogo rendono questo concerto un mosaico di suoni e immagini evocative.
Non si può rimanere impassibili di fronte a una simile potenza visionaria. Le parole si perdono nel vento come gli incandescenti vapori che fuoriescono dalla terra, i suoni, ora dolci, ora taglienti, avvolgono come lava e fendono come lapilli, le pelli dei tamburi scosse vorticosamente richiamano la voce del vulcano, mentre la cenere lentamente ricade sulla superficie delle cose accompagnando i titoli di coda.
La scaletta dei brani: Echoes part I, Careful with That Axe Eugene, A Saucerful of Secrets, Us and Them, One of These Days (I'm Going to Cut You), Set the Controls for the Heart of the Sun, Brain Damage, Mademoiselle Nobbs, Echoes part II.

Davide Battaglia