sabato 6 febbraio 2010

Genova, ritagli di cielo


Nel labirinto di forme, colori e profumi che questa città riesce ad offrire da secoli, ci si può perdere tra i suoi angoli più nascosti accompagnati dalle dolci note della musica del mare

È una città che si svela piano piano. È una città controversa, dalle forme insolite e dai colori abbaglianti. È una città affascinante che non smette mai di stupire anche chi ci vive da più di trent’anni. Genova, vecchia ma ancora superba signora che si è scrollata dalle spalle la leggera polvere che la ricopriva e che celava appena la sua disarmante bellezza.
È passato il periodo della sua lunga valenza industriale, sono lontani anche i clamori che accompagnavano i giganti del mare che salpavano da qui per portare centinaia di migliaia di anime in giro per il mondo; oggi, Genova rivive di una nuova linfa, alimentata da un crescente numero di turisti che la stanno lentamente riscoprendo. Già, perché non v’è dubbio che ormai il capoluogo ligure sia a tutti gli effetti una città turistica, non più ibrido di progresso industriale e storia secolare, ma vera testimonianza di quello che è stato il suo ricco passato proiettato in un futuro promettente. La sua seconda primavera deve molto alla realizzazione del celebrato acquario, alla riconquista del suo water-front, alle ristrutturazioni per il tanto discusso G8 e agli interventi per la sua carica di Capitale Europea della Cultura, che nel 2004 condivise con Lille.
Ma dietro l’accattivante spettacolarità dei suoi monumenti più visitati c‘è molto di più: angoli talmente suggestivi da risultare quasi indescrivibili, la cui forza non è tanto quella di colpire al primo fugace contatto visivo, ma quella di riuscire ad ipnotizzare se gli concedete qualche attimo in più. Allora, potrà capitare che perdendovi (e credetemi, è facile che accada non solo in senso letterale) tra gli intricati vicoli del suo immenso centro storico, e volgendo lo sguardo verso l’alto, vi accorgiate di come tetti e spioventi disegnino pittoreschi profili in controluce sull’azzurro del cielo. Tendendo le orecchie non di rado verrete accompagnati dalle malinconiche note di qualche cantautore che non smetterà mai di raccontare le sue storie di amori proibiti, di vita e di morte. Gli artigiani orafi, ceramisti, gli antiquari e le piccole botteghe di prodotti gastronomici vi tenteranno ad entrare per scoprire il loro universo. Ad ogni angolo le prospettive cambiano e le sorprese allietano.
I contrasti sono forti, le asimmetrie complicate, e in alcuni punti della città, i secoli si rincorrono in uno sguardo: abbazie medioevali e palazzi signorili si specchiano nel groviglio di vetri e luccicanti metalli, che simboleggiano l’avvenenza e l’effimerità dei nostri tempi.
È una città multietnica, Genova, lo è sempre stata. Le sue strade sono una pennellata di vitalità di ogni colore. È inevitabile per un grande porto di mare che può sintetizzare in qualche centinaio di metri la più profonda ed eclettica essenza di tutto il Mediterraneo, qui, dove l’odore del salmastro si mescola ai profumi dell’Oriente; lo si può carpire in ogni espressione, nella sua cucina, nella sua cultura, nell’arte, nella musica, nella gente.
Gli spazi sono sempre stati preziosi, di sicuro perché sono sempre stati pochi. Questa è gente abituata a sfruttare ogni minima risorsa del territorio, a pescare in un mare insidioso e profondo, a coltivare su terre quasi verticali e a custodire gelosamente le proprie ricchezze, strette fra le montagne e il mare. Non si possono definire avidi, forse un po’ timidi e scontrosi, ma soprattutto eroici. Tutti figli suoi, poeti e navigatori, musicisti e architetti, santi e assassini…
Una delle visuali più spettacolari la si può avere, lasciando per un attimo i più battuti percorsi turistici e deviando verso il suo entroterra. Non c’è bisogno di allontanarsi troppo, basta prendere una delle funicolari che giunge ai limiti della città, sulle colline che la dominano, a due passi dalle sentinelle fortificate che la proteggono e ammirare il tremolio delle luci al crepuscolo, contare i secondi di buio che si alternano ai potenti segnali luminosi della lanterna, respirare profondamente e lasciarsi cullare dal tocco leggero dello scirocco.

Davide Battaglia, novembre 2004