sabato 16 gennaio 2010

La grande guerra

Uomini al fronte nella terra dei confini

Titolo: La grande guerra
Regia: Mario Monicelli
Anno: 1959
Produzione: Italia
Durata: 130 min. (b/n)
Genere: commedia, drammatico

Il Friuli, terra accidentata di abissi carsici e strettoie impervie, ricolma di argomenti obbligati e ingorghi emotivi, è stato al centro di storie che, in maniera quasi ossessiva, discutono e fanno riflettere sul tema del confine, dei conflitti tra le minoranze, delle differenze tra identità politiche e sociali.
Una terra che rispecchia in pieno la conflittualità dell’animo dei suoi abitanti e delle opere artistiche che qui hanno avuto origine o che vi si sono alimentate. Sarebbe pretestuoso e inutile elencare il vasto numero di pellicole e romanzi che, soprattutto nel decennio tra la fine degli anni Quaranta e la fine dei Cinquanta, hanno raccontato e fatto riflettere sul tema della guerra e del confine, ma non è un caso come l’“estremo oriente” italiano sia quasi totalmente refrattario al tema della commedia.
Forse però il più importante lavoro cinematografico partorito in questi luoghi è stato, nel 1959,“La grande guerra” di Mario Monicelli, pellicola innovativa in cui il regista coadiuvato dalle splendide interpretazioni di Vittorio Gassman e Alberto Sordi, osò coniugare il dramma bellico proprio con quella commedia all'italiana tanto lontana dall’essenza aspra e lacerata del Friuli-Venezia Giulia, dissacrando per primo un tema tabù come la tragedia del 1915-18.
Un viaggio nel nostro passato, attraverso gli occhi di due soldati tutt'altro che eroici e passando per i luoghi che sono stati al centro di uno dei capitoli fondamentali della storia italiana, da Gemona a Sacile, da Udine a Pordenone, fino al mitico Piave, confine più ideologico che effettivo, ma che nell'immaginario comune rappresenta la vera linea di accesso-difesa alle terre giuliane liberate.
Sui monti della Carnia vennero scavati nella roccia chilometri di trincee, postazioni e gallerie. Sia gli italiani che gli austro-ungarici dovevano mantenere ad ogni costo la posizione e fu per questo che il conflitto si trasformò in una logorante partita di posizione su cime, selle, forcelle e cenge, dove si attendeva la mossa falsa dell’avversario. E se è pur vero che i soldati morivano in attacchi improvvisi o in difese disperate, spesso accadeva che il maggior numero di perdite lo si avesse per gli stenti causati dal freddo e dalla fame, da valanghe e slavine o dall’impietoso abbattersi dei fulmini sulle vette.
La bravura di Monicelli risiede soprattutto nel fatto di essere riuscito a mantenere un certo distacco in modo da non perdere mai di vista lo sfondo collettivo fatto anche di innumerevoli comparse locali, oltre che a scene di combattimento accurate e realistiche, ma conciliandolo con una partecipazione capace di catturare ogni sfumatura dell’anima e del volto dei due protagonisti che sfoggiano una comicità fatta di gag e dialoghi che si alterna in modo disarmante alla tristezza e allo sgomento che solo il grande teatro dell’assurdo in cui si svolge la guerra può mettere in scena.
Nata da un’idea di Luciano Vincenzoni, influenzata dal racconto “Due amici” di Guy de Maupassant, la pellicola ha il grande pregio di rappresentare per la prima volta sullo schermo la guerra depurandola da ogni possibile retorica fascista, in cui persisteva il mito di soldati eroici e valorosi pronti ad immolarsi per la patria, mentre nella realtà esistevano condizioni di vita miserevoli e grandi contrasti dettati dalle differenze di estrazione culturale e, in particolare, geografica, come era inevitabile per un Paese nato da così poco tempo.
Per questi motivi il film ebbe non pochi problemi con la censura sia durante la sua fase di lavorazione che al momento dell’uscita nelle sale. Fu una lettera di Giulio Andreotti, all’epoca ministro della difesa che, su richiesta del produttore Dino De Laurentis, tranquillizzò le associazioni dell’arma preoccupate fino a quel momento di essere oggetto di vilipendio e offesa da parte dell’opera.
Fortunatamente il film uscì ed ebbe un grande successo, tanto da ricevere il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia e di essere candidato all’Oscar come miglior film straniero, ma ebbe anche il merito, riconosciuto ancora oggi, di diventare una delle migliori ricostruzioni, dal punto di vista storico, del cinema italiano sul conflitto mondiale.
Oggi, sono passati 90 anni, ma le montagne del Friuli restano una testimonianza indelebile con le loro trincee, i fortilizi, le mulattiere che, insieme ad altri reperti d'epoca, rappresentano un patrimonio storico irrinunciabile. Camminare su questa “linea di confine” ha un sapore tutto particolare, un sapore che deve richiamare il dolore e la sofferenza e che ci deve far ricordare sempre quanto sia stato alto il prezzo pagato dai nostri nonni per la pace e la libertà.

Davide Battaglia

5 commenti:

Anonimo ha detto...

E pensa che penso di non averlo mai visto
ma me ne vergogno eh
è che io e il cinema...
faccio proprio fatica
vabbè
ma ora sto cercando di migliorare.
nell'ultimo meso ho visto ben 4 film, che sono più che nell'ultimo anno! :)

appena lo daranno su rete quattro a notte fonda me lo guarderò!

Sampiero Corso ha detto...

Ciao Batta, il film l'ho visto molto tempo fa e leggendo il tuo post mi è proprio venuta voglia di rivederlo; come sai ho studiato per tanto il tema del "confine"
(anche se le passioni scemano e la storia in realtà non insegna nulla se non che molti fanno in fretta a dimenticarla, anche quella più recente, per pura convenienza) e anche se vivo presso quello "sbagliato" cioè quello occidentale,sento oggi più che mai quella differenza tra "noi" e "loro" specie nel fatto di chi sta meglio di chi specie per un etica che qui abbiamo ormai dimenticato.
Complimenti per la recensione!

Sampiero Corso ha detto...

Ciao Batta, riguardando il mio commento mi è venuto male per le ripetizioni da prima elementare, comunque...ormai è postato (azz!!!).
Volevo aggiungere solo una cosa, segnalare un altro grande film italiano in tema di "confini": "La Legge è Legge" del regista francese Christian Jaque, anno
1958, con Totò nei panni di un simpatico contrabbandiere e Fernandel in quello del gendarme francese in un paese di brigasca memoria. Bona Batta!

Overdrive ha detto...

Grazie i vostri commenti!

Gelo, lo so che tu sei più per la letteratura... e 9 volte su 10, penso che la ragione sia dalla tua, però ci sono film che fanno eccezione a questa "regola" e la grande guerra è uno di questi.
Quindi il mio consiglio sarebbe quello di vederlo il prima possibile e non di aspettare che lo diano su rete quattro, ma tanto so già che non mi darai ascolto e ti metterai subito a leggere un libro... :)

Walt non ti preoccupare per le ripetizioni, l'importante qua sono i concetti... e sai che i miei e i tuoi spesso coincidono... andrò a recuperare "la legge è legge" dal momento che non l'ho mai visto...

Anonimo ha detto...

Capolavoro-di-Monicelliana-memoria-per-l'abile-maestria-distribuita-non-sono-sceneggiativamente-ma-anche-visivamente.

Il-cinismo-e-il-sarcasmo-si-fondono-nella-consacrazione-finale,trasportando-lo-spettatore-non-solo-dentro-una-pellicola-ma-dentro-il-nostro-passato.
Si-ride-anche,ma-si-ride-amaro.

Ps.Viene-a-farci-un-saluto-almeno-annuale,dopo-12-mesi-sai-che-l'account-viene-cancellato-e-nemmeno-da-adm-posso-farvi-nulla.

Inutile-firmarmi ^^