venerdì 11 gennaio 2008

Milano calibro 9

Una città al sapore di piombo

Titolo originale: Milano calibro 9
Regia: Fernando di Leo
Anno: 1972
Produzione: Italia
Sceneggiatura: Fernando di Leo, Augusto Finocchi, Ingo Hermess
Durata: 97 min. (colore)
Genere: noir, thriller
Voto: 8,5

Piazza del Duomo, i navigli, parco Sempione, stazione centrale. Nell'immaginario comune la metropoli lombarda non è, necessariamente, un luogo bucolico e rasserenante, anzi, spesso è sinonimo di frenesia, caos, traffico e polveri sottili nell'aria grigiastra della pianura. Ma chi è che, pensando a Milano, e allo stereotipo (in gran parte retaggio degli anni Ottanta) della "città da bere", non si lascia andare all'immagine di lunghi aperitivi, di grandi negozi di moda, di animata vita sociale e, perché no, di domeniche (quando le partite si giocavano giusto la domenica) barricate all'interno del "tempio" di San Siro?
Qualche anno fa, in particolare negli oscuri Settanta, però esisteva una Milano profondamente diversa. Una Milano che poteva rappresentare al meglio la stragrande maggioranza delle più importanti città italiane (non a caso condivide con Torino, Genova, Roma e Napoli, i soggetti cinematografici a cui faceva da sfondo) che in quegli anni erano vittima di uno stato di terrore generalizzato e che trova riscontro nella triste, ma azzeccatissima definizione "di piombo".
Paranoia, claustrofobia e terrore erano il pane quotidiano di Stato, forze dell'ordine, mass media, gente perbene (e meno perbene) ed era naturale che anche il cinema e la letteratura se ne cibassero.
Dopo il boom economico l'Italia stava attraversando una fase di modernizzazione che ha portato con sé una serie di attriti e traumi che sono stati immortalati e ben rappresentati soprattutto da un autore letterario che ha avuto il merito di sdoganare un genere, il noir, che fino a quel momento era stata una prerogativa di scrittori di lingua anglosassone. L'autore risponde al nome di Giorgio Scerbanenco e il suo stile crudo e diretto, così lontano dalla tradizione letteraria nostrana, unito al fatto di aver superato la formalità del giallo classico (che necessita di un mistero da svelare) portandola alla più concreta, morbosa e forse per questo paurosa, dimensione di fatto di cronaca nera, è alla base di tutto un movimento cinematografico che imperò in quegli anni e che oggi viene definito (un po' semplicisticamente e, in alcuni casi, erroneamente) poliziottesco.
È da qui che registi come Fernando di Leo hanno pescato a piene mani per dar vita a una delle stagioni più intense e prolifiche del cinema nostrano, che contemplava, oltre ai già citati polizieschi e noir, anche una vasta produzione di pellicole di "genere" (dalla fantascienza al western, dall'erotico all'horror) che oggi sono quasi completamente scomparse dalle nostre sale.
Milano Calibro 9, probabilmente il migliore film del regista pugliese, pur presentando lo stesso titolo del libro di Scerbanenco, è in realtà una commistione di elementi presenti in diversi racconti pubblicati dallo scrittore di origine ucraina.
È considerato universalmente come la vetta del cinema italiano nel genere thriller e noir e vanta un numero consistente di estimatori anche all’estero (tra cui il regista pulp per eccellenza Quentin Tarantino). Si differenzia molto dai film polizieschi del periodo perché più che occuparsi della dicotomia guardia-ladro, preoccupandosi della risposta dello Stato all’imperversare della malavita, è un’analisi interna al mondo della malavita stessa, di come possa essere concepita in modi totalmente differenti e di come non esistano ruoli facilmente delineabili.
Milano ha un ruolo fondamentale perché alla base vi è anche un’analisi sociologica di quel periodo determinata dalla presenza sempre più massiccia di lavoratori (e qualche volta delinquenti) che provenivano dal Sud Italia, colpevoli in qualche modo di aver esportato il “prodotto” mafia anche al di fuori dei confini regionali. Le lotte di classe dei lavoratori, le contraddizioni interne alla polizia riformata nel 1970, i siparietti tra funzionari filo-comunisti e tra quelli filo-fascisti, condiscono una vicenda tremendamente reale e – parole dello stesso regista – morale. Morale nel senso che in un contesto come quello narrato dalla pellicola, non esistono certezze per lo spettatore: i valori possono cambiare in qualsiasi momento, i buoni non sono esattamente quello che sembrano, così come non lo sono i cattivi. Questo perché, fondamentalmente, non esistono ne gli uni ne gli altri. Esistono solo gli uomini con le loro debolezze e i loro difetti genetici.
Un cast di attori formidabili (su tutti Gastone Moschin e Mario Adorf), una dark lady (Barbara Bouchet) bellissima e fatale come il genere impone una storia tesa e dal ritmo serrato, una città che si affranca dal mero ruolo di sfondo diventando vera e propria protagonista, una splendida colonna sonora (realizzata dagli Osanna diretti da Luis Bacalov) a metà strada tra il rock-progressive e il luonge e, ovviamente, il tocco di un regista abile come il compianto di Leo, fanno di quest’opera un gioiello imprescindibile per qualsiasi amante di cinema.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

ma dove hai tirato fuori questo film? mah, ogni tanto mi vergogno a non sapere nulla di cinema.
Ciao
Un saluto

Overdrive ha detto...

Ciao Gelo, intanto grazie davvero per la tua fedeltà... non aggiornavo il blog da più di due mesi e tu sei comunque sempre presente, lo apprezzo tanto. Guarda, fino a 4-5 anni anch'io sapevo poco o nulla di cinema, poi d'improvviso è scoppiata la passione, come era esplosa tanto tempo prima quella per la musica e per i libri (diventando attualmente quella più "morbosa"). E poi, scavando e scavando, viene fuori di tutto! :D
Un saluto a te

Anonimo ha detto...

Caro Overdrive, come sempre un ottima descrizione per argomenti sempre di qualità, dove in questa italia di oggi un appassionato di musica, cinema e di arte delle emozioni in generale, guarda al passato con sempre più rimpianti.
Dopo due mesi che non aggiornavi, come vedi anche io dalla periferia dell'impero (ponente ligure) sono ancora qui, in uno dei pochi rifugi rimasti al nulla che avanza.

Overdrive ha detto...

Ciao saint pierre, grazie per il tuo commento! Cosa si dice nell'estremo ponente?!
Ci sentiamo presto!

Anonimo ha detto...

Nel ponente si studia e si spera, e chi visse sperando...
Di questo passo propongo il plebiscito per passare alla francia...o a chiunque ci prenda!
A presto

Anonimo ha detto...

Vedo con piacere che interstellar overdrive procede il suo viaggio, impegni permettendo...

Ps. venerdì sono da Ste' magari si può pranzare insieme.

Ciao
Fra'

Overdrive ha detto...

Ciao Fra,
molto molto lentamente la navicella avanza, il tempo è sempre meno, ma cerco di mantenere un contatto!
Ci vediamo presto...

Anonimo ha detto...

Milano calibro 9 è una meraviglia, l'unico vero polar che abbiamo, Moschin è superbo, e anche Adorf fa magistralmente la sua parte. E' un film scabro ma dal ritmo implacabile.
Menomale che qualcuno lo ritira fuori
Ciao Da'
Roffo